Pubblicato il

Fecondazione Assistita e protocollo VLCKD

Se state considerando la fecondazione assistita come parte del vostro percorso verso la genitorialità, potreste voler esplorare una strada meno battuta ma altrettanto promettente: il protocollo chetogenico VLCKD. Gli studi hanno dimostrato che seguire il protocollo VLCKD per almeno 2-3 mesi prima di cercare di concepire, o prima del pick-up durante la fecondazione in vitro, può aumentare significativamente le probabilità di successo. Consigliamo alle coppie di considerare questa opzione, poiché offre un approccio naturale e mirato alla preparazione del corpo per la gravidanza. La dieta chetogenica a basso contenuto di carboidrati e di grassi può contribuire a regolare gli ormoni, migliorare la funzione metabolica e creare un ambiente ottimale per il successo della gravidanza. Se state cercando un modo naturale per migliorare le vostre probabilità di concepire, il protocollo VLCKD potrebbe essere la risposta che stavate cercando. Prima di intraprendere qualsiasi cambiamento nella vostra dieta o nel vostro percorso verso la fecondazione assistita, è importante consultare un professionista esperto in questo protocollo per valutare la vostra situazione specifica e ricevere piani personalizzati.

Pubblicato il

Il Protocollo VLCKD: una guida rivoluzionaria nel percorso della Fecondazione Assistita

Il percorso della fecondazione assistita può essere un viaggio emozionante, ma spesso con sfide uniche. Il protocollo VLCKD si presenta come un alleato prezioso in questo cammino, con prove scientifiche che suggeriscono miglioramenti significativi e una riduzione dei tassi di aborti spontanei. Le ricerche recenti hanno evidenziato come l’adozione del protocollo VLCKD possa influenzare positivamente la fertilità nelle donne che intraprendono la fecondazione assistita. La dieta chetogenica VLCKD non solo migliora la regolazione ormonale, ma contribuisce anche a un ambiente corporeo favorevole alla gravidanza. I dati scientifici indicano un’incidenza inferiore di aborti spontanei nelle donne che seguono il protocollo durante il ciclo di fecondazione assistita. Questo implica un passo avanti significativo nella creazione di condizioni ottimali per l’avvio della gravidanza e il mantenimento della stessa. In un momento in cui la scelta del percorso della fecondazione assistita è accompagnata da speranze e aspettative, il protocollo VLCKD si presenta come una strategia promettente per migliorare le possibilità di successo. La combinazione di approcci scientificamente validati e una dieta mirata offre una nuova prospettiva alle donne che cercano il miracolo della vita.

Pubblicato il

Protocollo VLCKD: Una rivelazione per le Donne con PCOS

Recenti studi scientifici hanno evidenziato l’efficacia straordinaria del protocollo VLCKD nel gestire la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e tutte le manifestazioni cliniche correlate: alterazioni del ciclo mestruale, iperandrogenismo (acne, irsutismo), sovrappeso/obesità, iperinsulinemia/insulino-resistenza, disturbi della fertilità.

Questa scoperta ha aperto nuove prospettive per le donne che affrontano le sfide associate a questa condizione.

La VLCKD, ha dimostrato di influenzare positivamente gli squilibri ormonali tipici della PCOS. Ricerche recenti hanno documentato miglioramenti significativi nei sintomi, tra cui la regolarizzazione del ciclo mestruale, la riduzione del testosterone e la normalizzazione dei livelli di zucchero nel sangue.

Ma la sorpresa più notevole è stata la testimonianza di ritorni di fertilità in alcune donne che hanno seguito il protocollo. Questi risultati aprono la strada a una speranza per coloro che lottano con la PCOS e cercano soluzioni mirate e naturali.

In un contesto in cui la scienza e la nutrizione si fondono per migliorare la qualità della vita, la VLCKD emerge come un faro di speranza per le donne con PCOS, confermando l’importanza di adottare approcci personalizzati, questi risultati promettono di cambiare il paradigma nel trattamento della PCOS.

Pubblicato il

Dieta prova costume!

[cmsmasters_row][cmsmasters_column data_width=”1/1″][cmsmasters_text]

Immagine2

L’estate è alle porte e con essa anche la famigerata e temuta prova costume.

Perdere peso e ritrovare la forma fisica in breve tempo è possibile, naturalmente con un buon mix di ingredienti: la dieta giusta, attività fisica e una buona idratazione.

La soluzione per perdere peso in tempi brevi, andando a bruciare esclusivamente massa magra e tenendo intatta la massa muscolare c’è ed è alla portata di tutti.

Altra caratteristica fondamentale della dieta è l’assenza di fame e notevoli energie fisiche e mentali.

Di cosa si tratta?

Il protocollo dietetico medico VLCKD (Very Low Calory Ketogenic Diet), è un regime alimentare normoproteico, dal momento che l’apporto di proteine giornaliero è in linea con il fabbisogno fisiologico, ed è anche ipocalorico per via del ridotto apporto di glucidi e lipidi. Si tratta di una terapia dietetica, tesa al rapido raggiungimento dell’equilibrio ponderale, attraverso tre fasidimagrimento, transizione, mantenimento.

Nel tempo, l’efficacia del protocollo ne ha favorito la diffusione a livello mondiale, diventando una dieta di riferimento per moltissimi specialisti che si occupano di sovrappeso e obesità.

LE FASI DELLA DIETA

Il protocollo prevede tre fasi fondamentali: una prima fase di vero e proprio dimagrimento. Una seconda fase di transizione, che consiste nella graduale reintroduzione di alimenti a maggior contenuto glucidico. Infine, un’ultima fase di mantenimento, finalizzata al raggiungimento dell’equilibrio alimentare.

L’Associazione Italiana di dietetica e Nutrizione clinica (ADI) afferma che “la dieta chetogenica si pone come un’interessante alternativa ad altri percorsi terapeutici ed è da considerare soprattutto laddove sia richiesto un calo ponderale rapido, che aiuti al contenimento del rischio globale di salute e alla motivazione del paziente.”

È importante sottolineare che il successo della dieta VLCKD è dato dal fatto che ogni fase della dieta viene seguita in maniera attenta e scrupolosa da un medico esperto, che costruisce la dieta in base alle esigenze del singolo paziente e del suo stato di salute, controlla i valori metabolici durante il periodo di dimagrimento e guida sia la fase di stabilizzazione che quella di ritorno alla normale alimentazione.

DIMAGRIMENTO

Il dimagrimento è la prima fase della dieta. Avviene grazie alla completa eliminazione dei carboidrati dall’alimentazione, e alla restrizione calorica. Durante questa prima fase si assiste all’instaurarsi della chetosi controllata, processo metabolico fisiologico che determina l’assenza della fame e il consumo del tessuto adiposo come fonte energetica. Ciò permette l’aderenza al protocollo senza difficoltà e senza l’impiego di farmaci.

TRANSIZIONE

La fase di transizione consiste nella graduale reintroduzione, qualitativa e quantitativa di tutti gli alimenti. In questo modo è possibile mantenere nel tempo gli importanti risultati raggiunti, abituandosi gradualmente ad una alimentazione sana, varia e completa.

MANTENIMENTO

Il mantenimento è la terza e ultima fase in cui, una volta raggiunto il peso desiderato, si ritorna a un equilibrio alimentare ponderato. In questa fase, si promuove l’abbinamento di una dieta mediterranea con un’attività sportiva personalizzata.

Sovrappeso e obesità costituiscono un importante fattore di rischio per le malattie metaboliche quali infarto, ipertensione, ictus e diabete, oltre a rappresentare, ovviamente, una fonte di disagio estetico e psicologico nella vita di relazione e nei rapporti interpersonali. Dimagrire con le diete classiche è spesso un’impresa difficile: il calo del peso avviene molto lentamente, è necessario dosare tutti gli alimenti e diventa impossibile seguire le norme dietetiche nei pasti fuori casa.

Spesso, tutte queste difficoltà compromettono e ritardano l’arrivo dei risultati, quindi si abbandona la dieta e si riacquisiscono i chili persi.

Questa dieta permette di raggiungere il peso desiderato in poco tempo, senza fatica e con la certezza di mantenere nel tempo i risultati raggiunti. Nel 2014 l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI) indica la dieta chetogenica “laddove occorre un calo ponderale rapido, che aiuti al contenimento del rischio globale di salute e alla motivazione del paziente”.

Il principio è semplice: il ridotto contributo calorico degli zuccheri, nella dieta, obbliga l’organismo a utilizzare i propri grassi come fonte di energia, mentre l’introduzione con la dieta di proteine ad alta qualità biologica permette di proteggere la massa magra (muscoli, ossa, pelle, organi). Si assiste, quindi, ad un vero dimagrimento dove la perdita di peso è determinata dal consumo del tessuto adiposo accumulato nel tempo. La massa magra invece viene preservata evitando la perdita di tono che si può verificare durante le diete tradizionali.

I 5 PRINCIPI ALLA BASE DELLA DIETA PROTEICA

  • 1 .Apporto normoproteico a base di proteine di alto valore biologico
  • Apporto di zuccheri e grassi in quantità ridotta
  • Apporto di sali minerali e vitamine equilibrato, secondo le dosi giornaliere consigliate o RDA (Recommended Daily Allowance)
  • Buona idratazione
  • Apporto di verdure consentite a volontà.

I BENEFICI

La dieta ipocalorica e normoproteica è un programma dietetico completo che assiste la persona durante tutte le fasi del trattamento: dalla perdita di peso all’equilibrio alimentare.

CON LA DIETA POTRAI

  • Perdere peso velocemente, stabilmente ed in modo duraturo;
  • Rimodellare la silhouette corporea;
  • Ridurre la massa grassa in eccesso, senza intaccare la massa muscolare, che continua a mantenere la sua tonicità;
  • Sentirti nuovamente a tuo agio con il tuo corpo.

E CON QUESTO AVVIENE:

  • Senza perdere motivazione nel percorso, perché la significativa perdita di peso (dagli 1.3 agli 1.8 kg a settimana) incentiva a proseguire;
  • Senza alcuna sensazione di fame e di stanchezza che una restrizione calorica generalmente comporta;
  • Senza sbalzi d’umore;
  • In pieno benessere e sicurezza grazie al supporto e al controllo di un medico specializzato

Tutto questo permetterà di portare a termine il percorso dietetico, raggiungendo gli obiettivi di peso prefissati, migliorando l’autostima, e ottenendo risultati costanti nel tempo e in modo sicuro.

Dott.ssa Francesca Spasaro

Per info e prenotazioni contattateci al seguente numero: 06.53.88.65

[/cmsmasters_text][cmsmasters_button button_link=”http://www.medeamedica.it/contatti” button_target=”self” button_text_align=”left” button_font_weight=”normal” button_font_style=”normal” button_border_style=”solid” button_bg_color=”#3065b5″ animation_delay=”0″]CONTATTACI SUBITO[/cmsmasters_button][cmsmasters_divider width=”long” height=”1″ position=”center” margin_top=”50″ margin_bottom=”50″ animation_delay=”0″][/cmsmasters_column][/cmsmasters_row]

Pubblicato il

La dieta chetogenica

[cmsmasters_row][cmsmasters_column data_width=”1/1″][cmsmasters_text]

Immagine

Negli ultimi anni numerose osservazioni hanno suggerito che le diete chetogeniche a basso contenuto di carboidrati (very-low carbohydrate ketogenic diet, VLCKD) potrebbero avere un ruolo terapeutico in numerose malattie.
L’uso di queste diete nel trattamento dell’epilessia è noto dagli inizi del secolo scorso. Negli ultimi anni, è stato osservato un effetto terapeutico della chetogenesi anche in altre malattie: si tratta di un’importante osservazione, poiché, chiaramente, se l’intervento nutrizionale può ridurre la dipendenza dai trattamenti farmacologici, questo porterebbe significativi benefici sotto il profilo economico, e da un punto di vista sociale.
La dieta chetogenica (KD)
è caratterizzata da una riduzione di carboidrati (di solito per meno di 50 g /die) e da un aumento in proporzione di proteine e di grassi.
Oltre all’enorme quantità di dati circa l’influenza sullo stato di salute di una corretta nutrizione e sulla prevenzione delle malattie (inserita in varie linee guida nutrizionali fornite dai comitati di salute pubblica in tutto il mondo), ci sono anche ampie prove che sostengono l’idea che una dieta a basso contenuto di carboidrati possa portare ad un miglioramento in alcune vie metaboliche.
Utilizzare il “cibo come medicina” è un concetto molto interessante e, nella speranza di realizzarlo, è stato dedicato molto lavoro ad esplorare gli effetti della VLCKD sul metabolismo umano.
La dieta chetogenica è un particolare tipo di alimentazione conosciuta da decenni che si basa su una riduzione drastica dei carboidrati. Questa condizione metabolica, conosciuta come chetosi (chetosi fisiologica, che permette la sopravvivenza nei periodi di carestia, da non confondersi con la chetoacidosi patologica del diabete scompensato), induce l’organismo ad utilizzare i grassi a scopo energetico.

Quando assumiamo carboidrati con l’alimentazione, il nostro corpo in parte li brucia per ottenere energia e in parte li immagazzina come glicogeno nel fegato e nei muscoli (tramite l’insulina). Il glucosio in eccesso viene trasformato in grasso corporeo. Quando serve, il glicogeno immagazzinato viene riconvertito in glucosio. In una dieta chetogenica, non assumendo glucosio o glicogeno con l’alimentazione, il nostro corpo ricaverà energia dalla degradazione degli acidi grassi alimentati e dal grasso di deposito.

Questa via metabolica secondaria che viene attivata, porta il nostro organismo a lavorare di più e aumenta quindi la quantità di calorie bruciate (effetto termogenetico), inoltre, stimola la secrezione di ormoni e la produzione di metaboliti che favoriscono lo smaltimento del grasso e sopprimono l’appetito.

C’è una netta distinzione tra dieta chetogenica e dieta iperproteica che non sono un sinonimo. In una dieta chetogenica è importante l’utilizzo di proteine vegetali a bassissimo contenuto di carboidrati per bypassare il problema preservando la funzionalità renale ed epatica mantenendo il corpo in chetosi. La dieta chetogenica non crea assolutamente problemi al fegato.

Per innescare il meccanismo della chetosi occorrono 2-3 giorni, ed è’ sufficiente una lieve trasgressione per bloccare il meccanismo. La dieta chetogenica ha regole ben precise che vanno rispettate e tra le sue caratteristiche fondamentali vanno annoverate l’assenza di fame e una grande energia sia fisica che mentale.
Consumando con costanza menù previsti dalla dieta chetogenica, si possono ottenere ottimi risultati, arrivando a diminuire di peso fino a quattro chili a settimana senza perdere la massa muscolare o quella magra, in quanto l’assunzione di proteine agevola la formazione muscolare e la tonicità.
Nei primi 2-3 giorni di un regime alimentare di chetosi si può andare incontro ad alcuni inconvenienti come l’alitosi, stitichezza, carenze vitaminiche. Per questa ragione chi si avvicina a questo tipo di dieta deve farlo per brevi periodi e sempre sotto lo stretto controllo di uno specialista.

RUOLI TERAPEUTICI (evidenze già ampiamente dimostrate e consolidate)

Dimagrimento.
Non c’è alcun dubbio che ci sia una forte evidenza che l’uso della dieta chetogenica nella perdita di peso sia efficace.
L’effetto sul calo ponderale sembra essere causato da diversi fattori:
1) Riduzione dell’appetito a causa del maggiore effetto di sazietà delle proteine, con effetti sul controllo degli ormoni che agiscono sulla sazietà (grelina, leptina) e ad una possibile azione diretta dei corpi chetonici con effetto di soppressione dell’appetito
2) Riduzione della lipogenesi e aumento della lipolisi
3) Riduzione del quoziente respiratorio a riposo e di conseguenza, maggiore efficienza metabolica dovuta al consumo di grassi
4) Aumento dei “costi metabolici” della gluconeogenesi e dell’effetto termico delle proteine.

Immagine2

Malattie cardiovascolari.
Molte sono le prove degli effetti benefici della dieta chetogenica sui fattori di rischio cardiovascolari.
La maggior parte degli studi recenti, sembrano dimostrare ampiamente che la riduzione dei carboidrati ai livelli tali da indurre la chetosi fisiologica possa effettivamente portare significativi benefici sui livelli dei lipidi nel sangue. L’effetto della chetosi sembra essere particolarmente marcato a livello dei trigliceridi, ma ci sono anche significativi effetti positivi sulla riduzione del colesterolo totale, aumento delle lipoproteine ad alta densità. Sono stati segnalati anche effetti sull’HDL, fattore importante per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Diabete di tipo 2.
L’insulino-resistenza è la caratteristica primaria del diabete di tipo 2 e si manifesta funzionalmente come “intolleranza ai carboidrati”.
Negli studi che hanno valutato diete a bassissimo contenuto di carboidrati in individui con diabete di tipo 2 i risultati sono stati notevoli. Nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 sottoposti ad una dieta VLCKD è stata documentata, nell’arco di qualche settimana, la riduzione dei livelli d’insulina e la maggiore perdita di peso.
È interessante notare come vi sia stata una forte correlazione inversa tra chetoni circolanti e produzione epatica di glucosio, suggerendo che i livelli più elevati di chetoni sono associati a effetti più favorevoli sul controllo glicemico nei pazienti diabetici e ci sono stati notevoli miglioramenti (75%) nella sensibilità all’insulina.
Nelle diete povere in carboidrati si verifica una significativa riduzione della massa grassa, si evidenziano miglioramenti nel controllo glicemico, nell’emoglobina A1c e nei marcatori lipidici, così come si nota il ridotto uso di insulina e ipoglicemizzanti orali.

In sintesi, gli individui con sindrome metabolica, insulino-resistenza e diabete tipo 2 hanno grandi probabilità di vedere miglioramenti sintomatici e oggettivi nei biomarcatori del rischio di malattia seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati ben formulata. Il controllo del glucosio migliora non solo perché si riduce l’introito di carboidrati, ma anche perché aumenta la sensibilità all’insulina sistemica.

Epilessia.
Dal 1920, la dieta chetogenica è stata riconosciuta essere efficace nel trattamento dell’epilessia infantile.
Sebbene i meccanismi d’azione non siano chiari, la dieta chetogenica è ormai considerata una parte consolidata di un approccio integrato, insieme alla terapia farmacologica, nei maggiori centri per l’epilessia in tutto il mondo, un vantaggio importante è la riduzione del consumo di farmaci e la riduzione dei gravi effetti collaterali spesso associati con agenti antiepilettici.

ALTRI RUOLI TERAPEUTICI (evidenze emergenti)

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disturbo endocrino comune nelle donne, con una prevalenza elevata (6-10%).[72] I sintomi includono iperandrogenismo, disfunzione ovulatoria, obesità, insulino-resistenza e infertilità.
L’insulino-resistenza e la correlata iperinsulinemia affligge attualmente circa il 65-70% delle donne con PCOS.
Le donne con PCOS spesso dimostrano molti dei segni legati alla sindrome metabolica, come l’insulino-resistenza, obesità, intolleranza al glucosio, diabete tipo 2, dislipidemia e anche alti livelli di infiammazione.
I trattamenti suggeriti includono quelli che riducono l’insulino-resistenza/iperinsulinemia, come ad esempio le modifiche dello stile di vita (esercizio fisico, dieta e perdita di peso) e trattamenti farmacologici che comprendono la somministrazione di tiazolidinedioni o metformina. E‘ evidente che eventuali interventi che migliorino l’insulinemia e riducano il peso corporeo possono anche essere efficaci nel ridurre l’iperandrogenismo, normalizzare l’ovulazione riducendo i vari sintomi di PCOS.
Infine, anche se abbiamo solo la prova preliminare degli effetti positivi della dieta chetogenica nella PCOS, ci sono meccanismi chiari che sono coerenti con la plausibilità fisiologica di tale terapia dietetica.

Acne
Negli ultimi anni un numero crescente di studi è stato pubblicato riguardo certi tipi di alimenti che influenzano lo sviluppo di acne. Gli effetti negativi sembrano risiedere nella capacità di alcuni alimenti di stimolare i percorsi proliferativi che a loro volta stimolano lo sviluppo di acne, inclusi quelli con un alto elevato tasso glicemico. Vari studi hanno evidenziato che il carico glicemico dietetico è implicato nella genesi dell’acne tramite l’azione dell’insulina, degli androgeni e del fattore di crescita insulinosimile di tipi 1 (insulin-like growth factor-1, IGF-1), tutti mediatori il cui rilascio è mediato dall’assunzione di carboidrati. Invece, le diete a ridotto apporto di carboidrati hanno mostrato di avere benefici anche di tipo dermatologico.
Ci sono numerose evidenze cliniche e fisiologiche che lasciano ipotizzare un’efficacia della dieta chetogenica nel ridurre la severità e progressione dell’acne.

Tumori
La dieta chetogenica associata o meno a restrizione calorica ha dimostrato di ridurre la crescita tumorale e prolungare la sopravvivenza in modelli animali di glioma e tumori della prostata e dello stomaco. Il razionale alla base di questo utilizzo risiede nella dipendenza di alcune cellule tumorali dal metabolismo del glucosio e nella conseguente inefficienza a usare i corpi chetonici come fonte energetica (Seyfried 2011, Baranano 2008). In letteratura sono descritti alcuni casi di risposta positiva in pazienti con glioblastoma (Nebeling 1995, Zuccoli 2010). Negli ultimi anni sono iniziati numerosi trials clinici sull’uomo che permetteranno di valutare la possibilità di utilizzare la KD come opzione terapeutica indipendente o in associazione a radio e chemioterapia.

A questo proposito siamo ancora nell’ambito delle ipotesi. Non si sa, ad esempio, se alcuni tumori possano metabolizzare i corpi chetonici e quindi questi ultimi possano funzionare da facilitatori tumorali. Pertanto, a scopo cautelativo vivamente si sconsiglia l’adozione di una dieta chetogenica nei soggetti aventi una neoplasia in fase attiva.

Altre malattie neurologiche.
Dati emergenti suggeriscono un possibile utilizzo terapeutico della dieta chetogenica in molteplici disturbi neurologici oltre l’epilessia, tra cui cefalea, traumi cerebrali, malattie di Parkinson e di Alzheimer, disturbi del sonno, carcinoma cerebrale, autismo e sclerosi multipla.
CONCLUSIONI
Le diete chetogeniche sono comunemente considerate come trattamento utile per il controllo del peso e molti studi suggeriscono che possono essere più efficaci di una dieta a basso livello di grassi, dall’altro lato non c’è accordo in letteratura circa la loro assoluta efficacia.
Ma esiste un lato nascosto della dieta chetogenica: la sua ampia azione terapeutica. Ci sono nuovi ed interessanti scenari riguardanti questa dieta, come discusso in questa recensione: nelle malattie neurologiche, nel diabete di tipo 2, nella PCOS, nelle malattie cardiovascolari e nelle neoplasie.

Dott.ssa Francesca Spasaro

Per info e prenotazioni contattateci al seguente numero: 06.53.88.65

[/cmsmasters_text][cmsmasters_button button_link=”http://www.medeamedica.it/contatti” button_target=”self” button_text_align=”left” button_font_weight=”normal” button_font_style=”normal” button_border_style=”solid” button_bg_color=”#3065b5″ animation_delay=”0″]CONTATTACI SUBITO[/cmsmasters_button][cmsmasters_divider width=”long” height=”1″ position=”center” margin_top=”50″ margin_bottom=”50″ animation_delay=”0″][/cmsmasters_column][/cmsmasters_row]

Pubblicato il

Alimentazione e tumori, quando il cancro si previene a tavola

alimentazione medea

Una sana alimentazione associata a uno stile di vita attivo è uno strumento valido per la prevenzione, la gestione e il trattamento di molte patologie. Un regime dietetico adeguato ed equilibrato garantisce un ottimale apporto di nutrienti, in grado di soddisfare i fabbisogni dell’organismo e di svolgere un ruolo protettivo e/o preventivo nei confronti di determinate condizioni patologiche.

Sono sempre più numerosi gli studi presenti in letteratura che correlano l’importanza di una sana alimentazione e la prevenzione nello sviluppo di patologie tumorali. L’American Institute for Cancer Research ha calcolato che le cattive abitudini alimentari sono responsabili di circa tre tumori su dieci! Le evidenze dimostrano come uno stile alimentare sano vada adottato fin dall’infanzia, ma secondo alcuni studi, anche pazienti a cui è stato già diagnosticato il cancro possono trarre vantaggio da una dieta più sana.

Sicuramente esistono patologie tumorali ed organi “bersaglio” che sono più sensibili di altri agli effetti del cibo (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC)): tra questi si calcola che fino al 75% dei tumori dell’apparato gastrointestinale (esofago, stomaco e colon-retto)  si potrebbero prevenire migliorando le abitudini alimentari.

tumori-e-alimentazione

Importante è la scelta dei cibi anche per il tumore del fegato, organo attraverso cui passano tutte le sostanze assorbite dall’intestino, e quindi particolarmente esposto ai danni provocati da eventuali elementi cancerogeni.

L’azione locale di alcune sostanze (come ad esempio l’etanolo) può favorire lo sviluppo di tumori della bocca, della gola, dell’esofago e della laringe.
Gli studi più recenti hanno evidenziato come la correlazione tra il cibo e il rischio di cancro è molto più estesa: il tipo di alimentazione influisce infatti sullo stato infiammatorio dell’organismo, primum movens si ogni trasformazione neoplastica, e sull’equilibrio ormonale che può favorire/ostacolare lo sviluppo dei tumori della prostata nell’uomo e della mammella, dell’ovaio e dell’endometrio nella donna.

Un’alimentazione sana, che prevenga sia patologie cardiovascolari che neoplastiche, ha come prima regola la varietà dei cibi che assumiamo: è un modo semplice per garantire l’apporto di tutti gli elementi nutritivi più importanti.

L’altra regola d’oro di un’alimentazione ben bilanciata è di ridurre drasticamente l’apporto di grassi e proteine animali, favorendo l’assunzione di cibi ricchi di vitamine e fibre. Per questo occorre portare a tavola almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno e privilegiare nella scelta di cereali, pane, pasta e riso quelli integrali.

Un’alimentazione di questo tipo, ricca di antiossidanti (sostanze in grado di neutralizzare i radicali liberi dell’ossigeno,dannosi per il nostro organismo) ha un’azione protettiva nei confronti delle patologie tumorali: nella frutta e nella verdura, infatti, oltre alle fibre, si trovano in misura variabile vitamina C e la vitamina E, i folati, i carotenoidi, il selenio e lo zinco.

Fondamentale è anche l’assunzione di omega-3, ottimi per la prevenzione sia cardiovascolare che tumorale, di cui sono ricchi molti tipi di pesce. Il consumo del pesce va notevolmente incoraggiato, anche come valida alternativa alla carne, che non dovrebbe essere consumata più di due-tre volte la settimana.

Si raccomanda di limitare l’assunzione delle carni rosse (ovine, suine e bovine) e di evitare quelle lavorate a livello industriale, e di quelle conservate nel sale come i salumi.  Si noti la differenza fra il termine di “limitare” (per le carni rosse) e di “evitare” (per le carni conservate) per le quali non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio.

Per insaporire il cibo si consiglia di ridurre l’apporto di sale a favore dell’uso di spezie o di piante aromatizzanti.

Per quanto riguarda i latticini, due studi condotti dall’Università di Harvard, hanno correlato un eccessivo consumo di formaggi grassi e latticini fin dall’infanzia a un rischio aumentato di sviluppare un cancro della prostata. Ci sono invece indicazioni preliminari che un consumo regolare di probiotici contenuti negli yogurt e nel latte fermentato possa contribuire a proteggere l’intestino.

Tra la frutta, i principali strumenti di prevenzione sono, oltre alle arance ricche di vitamina C, l’uva e i frutti di bosco, un vero concentrato di sostanze antiossidanti che proteggono il DNA da mutazioni potenzialmente cancerogene. Particolarmente prezioso è il ruolo delle antocianidine contenute in questi frutti rossi, soprattutto mirtilli e fragole che, come mostrano recenti studi, hanno un ruolo protettivo verso l’intestino, la gola, lo stomaco, l’ovaio e i reni.

Molto spesso, erroneamente, le persone ritengono che la prevenzione delle patologie tumorali risieda in esami complessi e costosi. Le evidenze ci dimostrano sempre più che una grande percentuale di prevenzione è nelle mani di ognuno di noi: uno stile di vita sano riduce l’incidenza di tumori del 30%!

Pubblicato il

La dieta dopo le vacanze natalizie

alimentazione medea

Nel periodo natalizio, complici l’atmosfera, le riunioni familiari, lo scambio dei doni e degli auguri, spesso e volentieri ci si ritrova intorno ad una tavola imbandita in cui è impossibile dire no alle pietanze tipiche e caloriche, ai dolci caratteristici e super farciti, a qualche alcolico di troppo.

Lasciarsi andare ogni tanto e godersi, anche da un punto di vista alimentare, i giorni di festa non è di per sé sbagliato, anzi: a giovarne ne è soprattutto l’umore. L’importante è non farsi assalire dai sensi di colpa o dalla disperazione per un paio di chili di troppo, regalo indesiderato delle festività. Quello che conta è armarsi di pazienza, determinazione e buona volontà e riprendere un’alimentazione equilibrata, dopo un periodo di eccessi.

Il primo passo per ritornare ad uno stile di vita sano è eliminare dal frigorifero residui di dolci, bibite gassate e altri alimenti che sono stati consumati durante le feste e sostituirli con cibi più salutari ed ipocalorici.

Non è necessario sottoporsi a diete drastiche o saltare i pasti, che risulterebbe controproducente, ma semplicemente ripristinare una dieta equilibrata, composta da cinque pasti al giorno.

Le regole fondamentali di un’alimentazione sana risiedono sempre nei principi di consumare abbondanti porzioni di verdure di stagione, crude o cotte, preferire carboidrati integrali, cereali, legumi, pesce azzurro e carni magre. Consumare due porzioni di frutta fresca al giorno, non dopo i pasti principali, ma agli spuntini.

Al ripristino di un’adeguata attenzione alimentare, va sempre ricordato che è fondamentale una corretta idratazione corporea (introducendo 2 litri di acqua al giorno, anche tisane vanno bene), e di associare sempre una regolare attività fisica. L’ideale sarebbe svolgere un’attività sportiva aerobica almeno 3 volte a settimana, per un minimo di 40 minuti per sessione, ma se questo non fosse possibile, cerchiamo almeno di cogliere occasione di movimento durante la giornata: se possibile privilegiare la bicicletta all’automobile, fare una passeggiata a passo sostenuto, usare le scale anziché l’ascensore, parcheggiare ad una certa distanza dal posto di lavoro.

Nel periodo invernale, oltre alla problematica dei chili di troppo dopo le vacanze natalizie, sussiste l’epidemia influenzale. Naturalmente questa è causata da una patologie virale, ma anche in questo campo riveste un ruolo importante la cura dell’alimentazione, sia in termini di prevenzione (cattive abitudini alimentari tendono a indebolire il nostro sistema immunitario), sia in termini di rapidità ed efficacia della guarigione.

Le temperature basse aumentano la spesa, e quindi la richiesta, energetica dell’organismo: per prevenire la sindrome influenzale o per facilitare la guarigione, occorre una dieta ricca di acqua, sali, carboidrati e proteine. Fondamentale è l’introito di vitamine e minerali che possiamo assorbire dalla frutta di stagione: agrumi, mele, kiwi sia freschi che in spremute rispondono alle nostre necessità di vitamina C.

Se la sindrome influenzale dovesse causare inappetenza, non obblighiamoci a mangiare: l’importante è che l’organismo sia ben idratato, magari sorseggiando delle spremute o delle centrifughe di frutta e/o verdura.

E’ buona norma scegliere cibi appetibili, ma allo stesso tempo leggeri e facilmente digeribili: passati di verdure, carni bianche e pesce sono dei validi alleati.