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Ipotiroidismo

tiroide medea

L’ipotiroidismo è una patologia del sistema endocrino caratterizzata da un deficit di ormoni tiroidei (tiroxina e levotiroxina) che comporta una riduzione generalizzata di tutti i processi metabolici dell’organismo.

L’ipotiroidismo è dovuto ad un’inadeguata funzionalità della ghiandola tiroidea (ipotiroidismo primario) o dell’ipotalamo o dell’ipofisi (ipotiroidismo centrale).Le cause più comuni di ipotiroidismo sono: l’inadeguato apporto di iodio nella dieta,la tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto, una precedente terapia radiante nella regione del collo, pregressa terapia con radioiodio, l’assunzione di alcuni farmaci (propiltiouracile, metimazolo, sali di litio, amiodarone), l’ipotiroidismo congenito o un precedente intervento chirurgico sulla tiroide (parziale o totale).

Sintomi dell’ipotiroidismo:

ipotiroidismo

Riduzione dell’appetito del paziente, facile affaticabilità, diminuzione della frequenza cardiaca, talvolta aumento di peso, stipsi, torpore mentale, eccessiva sonnolenza diurna, intorpidimento muscolare che vede i muscoli rilasciarsi lentamente dopo contrazione, ridotto metabolismo di tutte le  (nella donna: menorragia e polimenorrea ovvero flussi mestruali eccessivi o eccessivamente frequenti, aumentato rischio di abortività; nell’uomo: riduzione della libido e della potenza sessuale). La riduzione delle attività metaboliche comporta anche una tendenza alla secchezza e fragilità della cute, dei capelli e delle unghie e ad un colorito grigiastro-giallastro della cute.

La diagnosi di ipotiroidismo, quando sospettata, può essere confermata con esami del sangue che misurano i livelli di ormone tireostimolante (TSH) e quelli della tiroxina. In caso di ipotiroidismo riscontreremo un incremento dei valori di TSH con valori delle frazioni tiroidee libere normali (ipotirodismo subclinico) o ridotte (ipotiroidismo franco). Quando riscontrata una alterazione degli ormoni tiroidei è buona norma rivolgersi ad un endocrinologo che provvederà ad un approfondimento diagnostico e ad un’opportuna terapia.

La terapia dell’ipotiroidismo è una terapia sostitutiva che si basa sulla somministrazione di levotiroxina, con lo scopo di ristabilire e mantenere una condizione di eutiroidismo, normalizzando le concentrazioni sieriche di TSH e T4 libero (viene somministrata la quota di ormone che il paziente non riesce a produrre autonomamente). I soli effetti sfavorevoli del trattamento dipendono da un dosaggio errato di levotiroxina (eccessivo o insufficiente). Se la quantità di levotiroxina assunta giornalmente è tale da normalizzare gli esami di funzionalità tiroidea, la terapia stessa è priva di effetti collaterali di qualsiasi genere e tipo.

Oltre alla terapia classica, è possibile, a seconda dei casi, impostare terapie con integratori, fitoterapici o rimedi omeopatici per modulare e implementare la funzionalità tiroidea.

Gravidanza

Un argomento su cui vorrei richiamare l’attenzione è l’importanza della valutazione della funzionalità tiroidea nelle donne con desiderio di gravidanza o già in stato di gravidanza. L’ipotiroidismo, anche in forma lieve o subclinica, è una causa fondamentale e spesso misconosciuta d’infertilità e di aumentato rischio di aborto spontaneo. L’ipotiroidismo, durante le fasi iniziali della gravidanza, anche se in forma lieve o asintomatica, può aumentare il rischio di incorrere in pre-eclampsia, nascita di un bambino con deficit cognitivo e morte perinatale.

In questa fase della vita della donna è fondamentale uno stretto monitoraggio degli ormoni tiroidei e conseguente adeguamento terapeutico.

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Ipertiroidismo

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L’ipertiroidismo  è una patologia del sistema endocrino derivante dall’eccesso di funzionalità della ghiandola tiroidea, caratterizzato cioè da un aumento in circolo di ormoni tiroidei, sia per aumento di funzione della tiroide che per distruzione della tiroide stessa. La causa più comune è il Morbo di Basedow-Graves.

L’ipertiroidismo è una delle cause di tireotossicosi, una sindrome clinica ipermetabolica che si verifica quando vi sono elevati livelli sierici di T3 e/o T4.[3] La tireotossicosi può presentarsi anche senza ipertiroidismo. Cause di tireotossicosi possono essere: una tiroidite può provocare un eccessivo rilascio in circolo di ormoni tiroidei pre-formati, oppure dopo l’ingestione di quantità eccessive di ormoni tiroidei esogeni (tireotossicosi factitia).

Quest’ultimo caso si riscontra in persone che assumono volontariamente quantità eccessive di ormoni tiroidei a scopo dimagrante: attenzione questo comportamento può provocare gravissimi danni alla salute!

Altre cause di ipertiroidismo sono il gozzo nodulare tossico e l’adenoma di Plummer, in cui formazioni nodulari si autonomizzano funzionalmente e iniziano a produrre ormone tiroideo, svincolato dal controllo ipofisario. Anche alcune terapie farmacologiche (amiodrone, sali di litio) possono causare un ipertiroidismo.

I sintomi dell’ipertiroidismo sono:

  • la perdita di peso;
  • affaticamento;
  • indebolimento;
  • iperattività;
  • irritabilità;
  • apatia;
  • depressione;
  • poliuria;
  • sudorazione;
  • pelle ingiallita.

Inoltre, nei pazienti si possono presentare una varietà di sintomi come:

  • palpitazioni e aritmia (specialmente fibrillazione atriale);
  • dispnea;
  • infertilità;
  • calo del desiderio;
  • nausea;
  • vomito;
  • dissenteria.

Talvolta, il paziente presenta bulbi oculari sporgenti e doloranti (esoftalmo) e ingrossamento della ghiandola (gozzo).

Nelle persone anziane, i sintomi classici potrebbero non comparire e manifestarsi solo con l’affaticamento e la perdita di peso.

La diagnosi avviene tramite il dosaggio ematico degli ormoni tiroidei: un incremento delle frazioni libere degli ormoni tiroidei associato ad un abbassamento dell’ormone tireotropo è specifico di un ipertiroidismo conclamato. Per stabilire quale sia la causa dell’ipertiroidismo e la conseguente congrua terapia è opportuna la valutazione specialistica.

La terapia dell’ipertiroidismo, a seconda dei casi, consta di 3 possibilità:

  • Farmacologica, con l’impiego di propiltiouracile o metimazolo.
  • Terapia radiometabolica col radioiodio.
  • Chirurgia della tiroide (raramente).
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Noduli Tiroidei

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I noduli tiroidei, singoli o multipli, sono tra le patologie endocrine più frequenti.

Spesso il riscontro di un nodulo avviene in modo del tutto casuale, ad esempio eseguendo un’ecografia dei tronchi sovraortici.

La prevalenza dei noduli tiroidei aumenta con l’avanzare dell’età. Sono più frequenti nel sesso femminile, nelle aree a carenza di iodio e nei soggetti sottoposti ad irradiazione tiroidea.
Alla palpazione si apprezzano solitamente i noduli con diametro maggiore di 1 cm, a meno che il nodulo non sia molto superficiale o localizzato all’istmo, in tal caso si apprezzano anche noduli di dimensioni minori.

Di fronte al riscontro di noduli tiroidei devono essere stabiliti: la loro natura, la loro funzione e quella globale della ghiandola e i loro eventuali effetti meccanici sulle strutture adiacenti.

La maggior parte dei pazienti con un nodulo tiroideo o un gozzo multinodulare è asintomatica.
I sintomi lamentati riguardano essenzialmente la compressione delle strutture del collo o dello stretto toracico superiore (e quindi provocati da noduli di grandi dimensioni): senso di soffocamento e tosse stizzosa, disfagia soprattutto per i liquidi, difficoltà a dormire in posizione supina.

Nei casi più gravi, a causa della compressione tracheale possono comparire dispnea e stridore inspiratorio. Più rare sonola disfonia da paralisi del ricorrente o la paresi del nervo frenico o della catena del simpatico cervicale. In tale evenienza il sospetto di una neoplasia tiroidea è molto forte.
La possibilità di rilevare palpatoriamente i noduli dipende dal loro volume, sede e localizzazione nell’ambito del parenchima tiroideo e dall’anatomia del collo del paziente.

Nello struma multinodulare alcuni noduli possono andare incontro nel tempo ad autonomizzazione con evoluzione verso l’ipertiroidismo (basedowificazione).

Il diametro del nodulo sembra essere un elemento cruciale: noduli con diametro > di 3 cm alla diagnosi hanno un rischio di sviluppare ipertiroidismo del 20% contro il 5% di rischio in noduli con diametro inferiore ai 2.5 cm.

E’ stato affermato che il 10% circa degli strumi multinodulari subiscano questa evoluzione a 10 anni dalla diagnosi.

Più rara è l’evoluzione verso l’ipotiroidismo.
Il rischio di carcinoma nell’ambito di un nodulo tiroideo isolato non iperfunzionante o di uno struma multinodulare è stimato del 5%. Tale prevalenza aumenta in caso di pregressa irradiazione del collo.

DIAGNOSI

Esami di laboratorio

Esiste consenso unanime sul fatto che in un paziente con riscontro casuale di uno o più noduli tiroidei si debba procedere alla valutazione della funzionalità tiroidea.

Il dosaggio della tireoglobulina non riveste significato clinico nella diagnosi di nodulo tiroideo essendo frequentemente elevata, in modo del tutto aspecifico.
Tale parametro riveste invece un ruolo fondamentale nel follow up dei carcinomi tiroidei dopo tiroidectomia ed ablazione del tessuto tiroideo residuo in quanto, essendo prodotta solo dal tessuto tiroideo, rappresenta un ottimo marker di persistenza o recidiva di malattia.
La calcitonina è il marker del carcinoma midollare della tiroide (CMT) e la sua concentrazione plasmatica è direttamente proporzionale alla massa tumorale.
I CMT rappresentano meno del 10% dei tumori tiroidei che a loro volta costituiscono circa il 5% dei noduli tiroidei; pertanto il rischio di CMT nell’ambito dei noduli tiroidei è intorno allo 0.5%.

Esami strumentali

ECOGRAFIA

L’ecografia è l’esame strumentale di prima istanza, permette di evidenziare lesioni nodulari non rilevabili palpatoriamente, permette la stima delle dimensioni dei singoli noduli e serve da guida nell’esecuzione dell’agoaspirato. E’ una metodica la cui accuratezza dipende dall’esperienza dell’operatore. Sempre più spesso l’esame viene effettuato dallo stesso endocrinologo che può essere così orientato sulla opportunità o meno di procedere all’agoaspirato.

SCINTIGRAFIA

Attualmente il suo ruolo si è molto ridimensionato. Esso mantiene la sua piena utilità nella valutazione funzionale dei noduli tiroidei.

I noduli vengono differenziati in caldi, freddi o isocaptanti. I noduli caldi rappresentano adenomi dotati di autonomia funzionale e capacità di inibire la captazione da parte del tessuto tiroideo sano; possono essere “tossici” quando producono un eccesso di ormoni tiroidei. I noduli isocaptanti sono caratterizzati da tessuto normofunzionante. I noduli freddi sono caratterizzati da tessuto ipo- o non funzionante.

Gli isotopi utilizzati nella pratica clinica sono tre: 99Tc, 123I e 131I.

I noduli scintigraficamente freddi sono il 77-94% dei noduli. Il rischio di malignità di tali lesioni è stato definito tra 8 e 25%.

L’utilizzo principale della scintigrafia tiroidea rimane la diagnostica dei noduli iperfunzionanti (sia solitari che nell’ambito di uno struma multinodulare) soprattutto in vista di una terapia radiometabolica.

TAC, RMN e PET

TAC e RMN, a differenza dell’ecografia, consentono la visualizzazione della componente retrosternale di uno struma e dell’eventuale compressione tracheale.

Esse vengono pertanto riservate ai pazienti con sintomatologia dispnoica o sindrome dello stretto toracico sostenuta da struma a prevalente estrinsecazione retrosternale.

Le due metodiche non sono in grado di differenziare lesioni benigne e maligne. Assumono invece un ruolo importante nella ricerca di metastasi linfonodali nel follow up dei carcinomi tiroidei. Al contrario la PETcon 2 desossi-2 fluoro-D-glucosio ha dimostrato una buona capacità diagnostica sui noduli maligni.

AGOASPIRATO (FNAB)

Attualmente l’agoaspirato viene considerato il metodo più affidabile per distinguere la natura dei noduli tiroidei. E’ una metodica di semplice esecuzione e a basso costo, eseguita in regime ambulatoriale e esente da complicazioni (la più frequente è rappresentata dalla formazione di un ematoma a livello della zona di aspirazione, che può essere prevenuta dall’applicazione di ghiaccio per alcuni minuti).

Riguardo all’indicazione di eseguire un agoaspirato, in caso di riscontro casuale di nodulo/i tiroideo, le linee guida statunitensi consigliano di biopsiare solo i noduli palpabili con diametro maggiore o uguale a 15 mm, a meno che il nodulo non presenti caratteri ecografici sospetti o che il paziente presenti fattori di rischio per carcinoma tiroideo (pregressa irradiazione del collo, famigliarità per carcinomi tiroidei, famigliarità per carcinoma midollare, aumento volumetrico del nodulo durante il follow-up).

Per i noduli tiroidei non palpabili sono stati identificati criteri ecografici sospetti di malignità: irregolarità dei margini, vascolarizzazione intranodulare, presenza di microcalcificazioni, unicità della lesione, ipoecogenicità del nodulo, diametro > 10 mm.

TERAPIA

Non esiste a tutt’oggi un trattamento per i noduli singoli o per lo struma normofunzionante una volta escluso il rischio di malignità.
Il riscontro di uno o più noduli tiroidei non deve allarmare, ma solo portare alla consulenza di uno specialista che, dopo aver richiesto  gli esami  opportuni, valuterà se sia il caso di monitorarlo con periodiche ecografie o se instaurare una terapia farmacologica o chirurgica.