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Negli ultimi anni numerose osservazioni hanno suggerito che le diete chetogeniche a basso contenuto di carboidrati (very-low carbohydrate ketogenic diet, VLCKD) potrebbero avere un ruolo terapeutico in numerose malattie.
L’uso di queste diete nel trattamento dell’epilessia è noto dagli inizi del secolo scorso. Negli ultimi anni, è stato osservato un effetto terapeutico della chetogenesi anche in altre malattie: si tratta di un’importante osservazione, poiché, chiaramente, se l’intervento nutrizionale può ridurre la dipendenza dai trattamenti farmacologici, questo porterebbe significativi benefici sotto il profilo economico, e da un punto di vista sociale.
La dieta chetogenica (KD)
è caratterizzata da una riduzione di carboidrati (di solito per meno di 50 g /die) e da un aumento in proporzione di proteine e di grassi.
Oltre all’enorme quantità di dati circa l’influenza sullo stato di salute di una corretta nutrizione e sulla prevenzione delle malattie (inserita in varie linee guida nutrizionali fornite dai comitati di salute pubblica in tutto il mondo), ci sono anche ampie prove che sostengono l’idea che una dieta a basso contenuto di carboidrati possa portare ad un miglioramento in alcune vie metaboliche.
Utilizzare il “cibo come medicina” è un concetto molto interessante e, nella speranza di realizzarlo, è stato dedicato molto lavoro ad esplorare gli effetti della VLCKD sul metabolismo umano.
La dieta chetogenica è un particolare tipo di alimentazione conosciuta da decenni che si basa su una riduzione drastica dei carboidrati. Questa condizione metabolica, conosciuta come chetosi (chetosi fisiologica, che permette la sopravvivenza nei periodi di carestia, da non confondersi con la chetoacidosi patologica del diabete scompensato), induce l’organismo ad utilizzare i grassi a scopo energetico.
Quando assumiamo carboidrati con l’alimentazione, il nostro corpo in parte li brucia per ottenere energia e in parte li immagazzina come glicogeno nel fegato e nei muscoli (tramite l’insulina). Il glucosio in eccesso viene trasformato in grasso corporeo. Quando serve, il glicogeno immagazzinato viene riconvertito in glucosio. In una dieta chetogenica, non assumendo glucosio o glicogeno con l’alimentazione, il nostro corpo ricaverà energia dalla degradazione degli acidi grassi alimentati e dal grasso di deposito.
Questa via metabolica secondaria che viene attivata, porta il nostro organismo a lavorare di più e aumenta quindi la quantità di calorie bruciate (effetto termogenetico), inoltre, stimola la secrezione di ormoni e la produzione di metaboliti che favoriscono lo smaltimento del grasso e sopprimono l’appetito.
C’è una netta distinzione tra dieta chetogenica e dieta iperproteica che non sono un sinonimo. In una dieta chetogenica è importante l’utilizzo di proteine vegetali a bassissimo contenuto di carboidrati per bypassare il problema preservando la funzionalità renale ed epatica mantenendo il corpo in chetosi. La dieta chetogenica non crea assolutamente problemi al fegato.
Per innescare il meccanismo della chetosi occorrono 2-3 giorni, ed è’ sufficiente una lieve trasgressione per bloccare il meccanismo. La dieta chetogenica ha regole ben precise che vanno rispettate e tra le sue caratteristiche fondamentali vanno annoverate l’assenza di fame e una grande energia sia fisica che mentale.
Consumando con costanza menù previsti dalla dieta chetogenica, si possono ottenere ottimi risultati, arrivando a diminuire di peso fino a quattro chili a settimana senza perdere la massa muscolare o quella magra, in quanto l’assunzione di proteine agevola la formazione muscolare e la tonicità.
Nei primi 2-3 giorni di un regime alimentare di chetosi si può andare incontro ad alcuni inconvenienti come l’alitosi, stitichezza, carenze vitaminiche. Per questa ragione chi si avvicina a questo tipo di dieta deve farlo per brevi periodi e sempre sotto lo stretto controllo di uno specialista.
RUOLI TERAPEUTICI (evidenze già ampiamente dimostrate e consolidate)
Dimagrimento.
Non c’è alcun dubbio che ci sia una forte evidenza che l’uso della dieta chetogenica nella perdita di peso sia efficace.
L’effetto sul calo ponderale sembra essere causato da diversi fattori:
1) Riduzione dell’appetito a causa del maggiore effetto di sazietà delle proteine, con effetti sul controllo degli ormoni che agiscono sulla sazietà (grelina, leptina) e ad una possibile azione diretta dei corpi chetonici con effetto di soppressione dell’appetito
2) Riduzione della lipogenesi e aumento della lipolisi
3) Riduzione del quoziente respiratorio a riposo e di conseguenza, maggiore efficienza metabolica dovuta al consumo di grassi
4) Aumento dei “costi metabolici” della gluconeogenesi e dell’effetto termico delle proteine.
Malattie cardiovascolari.
Molte sono le prove degli effetti benefici della dieta chetogenica sui fattori di rischio cardiovascolari.
La maggior parte degli studi recenti, sembrano dimostrare ampiamente che la riduzione dei carboidrati ai livelli tali da indurre la chetosi fisiologica possa effettivamente portare significativi benefici sui livelli dei lipidi nel sangue. L’effetto della chetosi sembra essere particolarmente marcato a livello dei trigliceridi, ma ci sono anche significativi effetti positivi sulla riduzione del colesterolo totale, aumento delle lipoproteine ad alta densità. Sono stati segnalati anche effetti sull’HDL, fattore importante per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.
Diabete di tipo 2.
L’insulino-resistenza è la caratteristica primaria del diabete di tipo 2 e si manifesta funzionalmente come “intolleranza ai carboidrati”.
Negli studi che hanno valutato diete a bassissimo contenuto di carboidrati in individui con diabete di tipo 2 i risultati sono stati notevoli. Nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 sottoposti ad una dieta VLCKD è stata documentata, nell’arco di qualche settimana, la riduzione dei livelli d’insulina e la maggiore perdita di peso.
È interessante notare come vi sia stata una forte correlazione inversa tra chetoni circolanti e produzione epatica di glucosio, suggerendo che i livelli più elevati di chetoni sono associati a effetti più favorevoli sul controllo glicemico nei pazienti diabetici e ci sono stati notevoli miglioramenti (75%) nella sensibilità all’insulina.
Nelle diete povere in carboidrati si verifica una significativa riduzione della massa grassa, si evidenziano miglioramenti nel controllo glicemico, nell’emoglobina A1c e nei marcatori lipidici, così come si nota il ridotto uso di insulina e ipoglicemizzanti orali.
In sintesi, gli individui con sindrome metabolica, insulino-resistenza e diabete tipo 2 hanno grandi probabilità di vedere miglioramenti sintomatici e oggettivi nei biomarcatori del rischio di malattia seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati ben formulata. Il controllo del glucosio migliora non solo perché si riduce l’introito di carboidrati, ma anche perché aumenta la sensibilità all’insulina sistemica.
Epilessia.
Dal 1920, la dieta chetogenica è stata riconosciuta essere efficace nel trattamento dell’epilessia infantile.
Sebbene i meccanismi d’azione non siano chiari, la dieta chetogenica è ormai considerata una parte consolidata di un approccio integrato, insieme alla terapia farmacologica, nei maggiori centri per l’epilessia in tutto il mondo, un vantaggio importante è la riduzione del consumo di farmaci e la riduzione dei gravi effetti collaterali spesso associati con agenti antiepilettici.
ALTRI RUOLI TERAPEUTICI (evidenze emergenti)
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disturbo endocrino comune nelle donne, con una prevalenza elevata (6-10%).[72] I sintomi includono iperandrogenismo, disfunzione ovulatoria, obesità, insulino-resistenza e infertilità.
L’insulino-resistenza e la correlata iperinsulinemia affligge attualmente circa il 65-70% delle donne con PCOS.
Le donne con PCOS spesso dimostrano molti dei segni legati alla sindrome metabolica, come l’insulino-resistenza, obesità, intolleranza al glucosio, diabete tipo 2, dislipidemia e anche alti livelli di infiammazione.
I trattamenti suggeriti includono quelli che riducono l’insulino-resistenza/iperinsulinemia, come ad esempio le modifiche dello stile di vita (esercizio fisico, dieta e perdita di peso) e trattamenti farmacologici che comprendono la somministrazione di tiazolidinedioni o metformina. E‘ evidente che eventuali interventi che migliorino l’insulinemia e riducano il peso corporeo possono anche essere efficaci nel ridurre l’iperandrogenismo, normalizzare l’ovulazione riducendo i vari sintomi di PCOS.
Infine, anche se abbiamo solo la prova preliminare degli effetti positivi della dieta chetogenica nella PCOS, ci sono meccanismi chiari che sono coerenti con la plausibilità fisiologica di tale terapia dietetica.
Acne
Negli ultimi anni un numero crescente di studi è stato pubblicato riguardo certi tipi di alimenti che influenzano lo sviluppo di acne. Gli effetti negativi sembrano risiedere nella capacità di alcuni alimenti di stimolare i percorsi proliferativi che a loro volta stimolano lo sviluppo di acne, inclusi quelli con un alto elevato tasso glicemico. Vari studi hanno evidenziato che il carico glicemico dietetico è implicato nella genesi dell’acne tramite l’azione dell’insulina, degli androgeni e del fattore di crescita insulinosimile di tipi 1 (insulin-like growth factor-1, IGF-1), tutti mediatori il cui rilascio è mediato dall’assunzione di carboidrati. Invece, le diete a ridotto apporto di carboidrati hanno mostrato di avere benefici anche di tipo dermatologico.
Ci sono numerose evidenze cliniche e fisiologiche che lasciano ipotizzare un’efficacia della dieta chetogenica nel ridurre la severità e progressione dell’acne.
Tumori
La dieta chetogenica associata o meno a restrizione calorica ha dimostrato di ridurre la crescita tumorale e prolungare la sopravvivenza in modelli animali di glioma e tumori della prostata e dello stomaco. Il razionale alla base di questo utilizzo risiede nella dipendenza di alcune cellule tumorali dal metabolismo del glucosio e nella conseguente inefficienza a usare i corpi chetonici come fonte energetica (Seyfried 2011, Baranano 2008). In letteratura sono descritti alcuni casi di risposta positiva in pazienti con glioblastoma (Nebeling 1995, Zuccoli 2010). Negli ultimi anni sono iniziati numerosi trials clinici sull’uomo che permetteranno di valutare la possibilità di utilizzare la KD come opzione terapeutica indipendente o in associazione a radio e chemioterapia.
A questo proposito siamo ancora nell’ambito delle ipotesi. Non si sa, ad esempio, se alcuni tumori possano metabolizzare i corpi chetonici e quindi questi ultimi possano funzionare da facilitatori tumorali. Pertanto, a scopo cautelativo vivamente si sconsiglia l’adozione di una dieta chetogenica nei soggetti aventi una neoplasia in fase attiva.
Altre malattie neurologiche.
Dati emergenti suggeriscono un possibile utilizzo terapeutico della dieta chetogenica in molteplici disturbi neurologici oltre l’epilessia, tra cui cefalea, traumi cerebrali, malattie di Parkinson e di Alzheimer, disturbi del sonno, carcinoma cerebrale, autismo e sclerosi multipla.
CONCLUSIONI
Le diete chetogeniche sono comunemente considerate come trattamento utile per il controllo del peso e molti studi suggeriscono che possono essere più efficaci di una dieta a basso livello di grassi, dall’altro lato non c’è accordo in letteratura circa la loro assoluta efficacia.
Ma esiste un lato nascosto della dieta chetogenica: la sua ampia azione terapeutica. Ci sono nuovi ed interessanti scenari riguardanti questa dieta, come discusso in questa recensione: nelle malattie neurologiche, nel diabete di tipo 2, nella PCOS, nelle malattie cardiovascolari e nelle neoplasie.
Dott.ssa Francesca Spasaro
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