I noduli tiroidei, singoli o multipli, sono tra le patologie endocrine più frequenti.
Spesso il riscontro di un nodulo avviene in modo del tutto casuale, ad esempio eseguendo un’ecografia dei tronchi sovraortici.
La prevalenza dei noduli tiroidei aumenta con l’avanzare dell’età. Sono più frequenti nel sesso femminile, nelle aree a carenza di iodio e nei soggetti sottoposti ad irradiazione tiroidea.
Alla palpazione si apprezzano solitamente i noduli con diametro maggiore di 1 cm, a meno che il nodulo non sia molto superficiale o localizzato all’istmo, in tal caso si apprezzano anche noduli di dimensioni minori.
Di fronte al riscontro di noduli tiroidei devono essere stabiliti: la loro natura, la loro funzione e quella globale della ghiandola e i loro eventuali effetti meccanici sulle strutture adiacenti.
La maggior parte dei pazienti con un nodulo tiroideo o un gozzo multinodulare è asintomatica.
I sintomi lamentati riguardano essenzialmente la compressione delle strutture del collo o dello stretto toracico superiore (e quindi provocati da noduli di grandi dimensioni): senso di soffocamento e tosse stizzosa, disfagia soprattutto per i liquidi, difficoltà a dormire in posizione supina.
Nei casi più gravi, a causa della compressione tracheale possono comparire dispnea e stridore inspiratorio. Più rare sonola disfonia da paralisi del ricorrente o la paresi del nervo frenico o della catena del simpatico cervicale. In tale evenienza il sospetto di una neoplasia tiroidea è molto forte.
La possibilità di rilevare palpatoriamente i noduli dipende dal loro volume, sede e localizzazione nell’ambito del parenchima tiroideo e dall’anatomia del collo del paziente.
Nello struma multinodulare alcuni noduli possono andare incontro nel tempo ad autonomizzazione con evoluzione verso l’ipertiroidismo (basedowificazione).
Il diametro del nodulo sembra essere un elemento cruciale: noduli con diametro > di 3 cm alla diagnosi hanno un rischio di sviluppare ipertiroidismo del 20% contro il 5% di rischio in noduli con diametro inferiore ai 2.5 cm.
E’ stato affermato che il 10% circa degli strumi multinodulari subiscano questa evoluzione a 10 anni dalla diagnosi.
Più rara è l’evoluzione verso l’ipotiroidismo.
Il rischio di carcinoma nell’ambito di un nodulo tiroideo isolato non iperfunzionante o di uno struma multinodulare è stimato del 5%. Tale prevalenza aumenta in caso di pregressa irradiazione del collo.
DIAGNOSI
Esami di laboratorio
Esiste consenso unanime sul fatto che in un paziente con riscontro casuale di uno o più noduli tiroidei si debba procedere alla valutazione della funzionalità tiroidea.
Il dosaggio della tireoglobulina non riveste significato clinico nella diagnosi di nodulo tiroideo essendo frequentemente elevata, in modo del tutto aspecifico.
Tale parametro riveste invece un ruolo fondamentale nel follow up dei carcinomi tiroidei dopo tiroidectomia ed ablazione del tessuto tiroideo residuo in quanto, essendo prodotta solo dal tessuto tiroideo, rappresenta un ottimo marker di persistenza o recidiva di malattia.
La calcitonina è il marker del carcinoma midollare della tiroide (CMT) e la sua concentrazione plasmatica è direttamente proporzionale alla massa tumorale.
I CMT rappresentano meno del 10% dei tumori tiroidei che a loro volta costituiscono circa il 5% dei noduli tiroidei; pertanto il rischio di CMT nell’ambito dei noduli tiroidei è intorno allo 0.5%.
Esami strumentali
ECOGRAFIA
L’ecografia è l’esame strumentale di prima istanza, permette di evidenziare lesioni nodulari non rilevabili palpatoriamente, permette la stima delle dimensioni dei singoli noduli e serve da guida nell’esecuzione dell’agoaspirato. E’ una metodica la cui accuratezza dipende dall’esperienza dell’operatore. Sempre più spesso l’esame viene effettuato dallo stesso endocrinologo che può essere così orientato sulla opportunità o meno di procedere all’agoaspirato.
SCINTIGRAFIA
Attualmente il suo ruolo si è molto ridimensionato. Esso mantiene la sua piena utilità nella valutazione funzionale dei noduli tiroidei.
I noduli vengono differenziati in caldi, freddi o isocaptanti. I noduli caldi rappresentano adenomi dotati di autonomia funzionale e capacità di inibire la captazione da parte del tessuto tiroideo sano; possono essere “tossici” quando producono un eccesso di ormoni tiroidei. I noduli isocaptanti sono caratterizzati da tessuto normofunzionante. I noduli freddi sono caratterizzati da tessuto ipo- o non funzionante.
Gli isotopi utilizzati nella pratica clinica sono tre: 99Tc, 123I e 131I.
I noduli scintigraficamente freddi sono il 77-94% dei noduli. Il rischio di malignità di tali lesioni è stato definito tra 8 e 25%.
L’utilizzo principale della scintigrafia tiroidea rimane la diagnostica dei noduli iperfunzionanti (sia solitari che nell’ambito di uno struma multinodulare) soprattutto in vista di una terapia radiometabolica.
TAC, RMN e PET
TAC e RMN, a differenza dell’ecografia, consentono la visualizzazione della componente retrosternale di uno struma e dell’eventuale compressione tracheale.
Esse vengono pertanto riservate ai pazienti con sintomatologia dispnoica o sindrome dello stretto toracico sostenuta da struma a prevalente estrinsecazione retrosternale.
Le due metodiche non sono in grado di differenziare lesioni benigne e maligne. Assumono invece un ruolo importante nella ricerca di metastasi linfonodali nel follow up dei carcinomi tiroidei. Al contrario la PETcon 2 desossi-2 fluoro-D-glucosio ha dimostrato una buona capacità diagnostica sui noduli maligni.
AGOASPIRATO (FNAB)
Attualmente l’agoaspirato viene considerato il metodo più affidabile per distinguere la natura dei noduli tiroidei. E’ una metodica di semplice esecuzione e a basso costo, eseguita in regime ambulatoriale e esente da complicazioni (la più frequente è rappresentata dalla formazione di un ematoma a livello della zona di aspirazione, che può essere prevenuta dall’applicazione di ghiaccio per alcuni minuti).
Riguardo all’indicazione di eseguire un agoaspirato, in caso di riscontro casuale di nodulo/i tiroideo, le linee guida statunitensi consigliano di biopsiare solo i noduli palpabili con diametro maggiore o uguale a 15 mm, a meno che il nodulo non presenti caratteri ecografici sospetti o che il paziente presenti fattori di rischio per carcinoma tiroideo (pregressa irradiazione del collo, famigliarità per carcinomi tiroidei, famigliarità per carcinoma midollare, aumento volumetrico del nodulo durante il follow-up).
Per i noduli tiroidei non palpabili sono stati identificati criteri ecografici sospetti di malignità: irregolarità dei margini, vascolarizzazione intranodulare, presenza di microcalcificazioni, unicità della lesione, ipoecogenicità del nodulo, diametro > 10 mm.
TERAPIA
Non esiste a tutt’oggi un trattamento per i noduli singoli o per lo struma normofunzionante una volta escluso il rischio di malignità.
Il riscontro di uno o più noduli tiroidei non deve allarmare, ma solo portare alla consulenza di uno specialista che, dopo aver richiesto gli esami opportuni, valuterà se sia il caso di monitorarlo con periodiche ecografie o se instaurare una terapia farmacologica o chirurgica.